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IL CONSIGLIO DI STATO EMETTE UNA SENTENZA Il Consiglio di Stato della "parrocchietta" (altrimenti detta "repubblica italiana") ha respinto un ricorso di una famiglia laica che chiedeva di non esporre nell'aula scolastica il crocifisso (per alcuni emblema religioso ma, per chi conosce la STORIA, sinistro simbolo dell'inquisizione, delle crociate, delle torture giudiziarie e dell'invadente potere ecclesiastico).
Le contorsioni giuridiche operate dal Consiglio di Stato hanno infatti reso paradossalmente necessaria la negazione del crocifisso quale simbolo religioso in quanto l'ammissione della sua ovvia cattolicità avrebbe automaticamente reso evidente la sua illegale presenza all'interno di un edificio pubblico che, oltretutto, si vorrebbe dedicato all'educazione, alla tolleranza, in un ambiente sempre più multiculturale e multireligioso.
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Una sentenza degna di un Tribunale dell'Inquisizione
CROCIFISSO
NELLE AULE GIUDIZIARIE:
''Ho gia' depositato l'appello penale, vorra' dire che faro' causa all'Italia dinanzi alla corte europea''. Lo ha detto il giudice di Camerino Luigi Tosti, commentando la notizia della decisione del Consiglio superiore della magistratura di sospenderlo dalle sue funzioni e dallo stipendio. Il Csm ha accolto la richiesta in tal senso avanzata dal procuratore generale della Cassazione Francesco Favara, che nei confronti del magistrato ha avviato anche l'azione disciplinare. |
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Sergio Martella, psicoterapeuta, scrive al presidente Ciampi, al ministro Pisanu e al sindaco affinchè il crocifisso venga rimosso essendo appeso in un ufficio laico e pubblico. PADOVA – “Sono pervenuto alla decisione di restituire la tessera elettorale all’ufficio competente del comune di Padova, sede di mia residenza, privandomi del diritto dovere del voto fintantoché, presso i locali dell’ufficio elettorale, non sarà rimosso il crocifisso, simbolo dell’universalismo cattolico, che, in quel luogo, contraddice l’identità laica e garantista dello Stato. Ritengo molto grave l’affissione di un simbolo confessionale di parte nel luogo che, altrimenti, dovrebbe accogliere il ritratto del Capo dello Stato o il tricolore, simbolo dell’Italia”. “Tra le più gravi, esprimo due considerazioni:” continua Martella, “la Cei, organo dei vescovi in Italia, e lo stesso Vaticano non rinunciano ad orientare le scelte politiche dei cattolici, ponendosi, in questo modo, in una evidente posizione politica di influenza, incompatibile, quindi, con la neutralità di un ufficio pubblico. Sul piano della coscienza civile, è intollerabile la condivisione da parte di una istituzione pubblica di un messaggio che dichiara in modo esplicito il diritto morale del genitore – nelle vesti divine – di incarnare e far sacrificare il figlio per la inopinata “salvezza” dei cattivi e dei violenti! Il significato ambiguo del martirio cristiano è una pedagogia perversa rivolta all’influenza concreta degli affetti familiari, ed è causa di inevitabili introiezioni sadiche ed autolesive nei giovani. Poiché ritengo” conclude Martella “che la civiltà sociale e la salvezza del singolo risiedano nell’educazione al rispetto ed alla responsabilità di ciascuno, denuncio nel modo più fermo e pubblico la preoccupante caduta di coerenza democratica nelle istituzioni”. |
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Il Consiglio Superiore della Magistratura "boccia" l'esposizione dei crocefissi nelle aule giudiziarie![]() di Luigi Tosti Il 31 gennaio 2006 il CSM ha comminato la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio al giudice di Camerino Luigi Tosti perché si è rifiutato di tenere le udienze sia perché il Ministro di Giustizia ha omesso di rimuovere i crocifissi cattolici dalle aule sia perché, soprattutto, lo ha discriminato negandogli il pari diritto di esporre il proprio simbolo, cioè la menorà ebraica. La motivazione dell'ordinanza è stata comunicata al diretto interessato il 20 dicembre, cioè a distanza di ben undici mesi.
"Il Consiglio Superiore della Magistratura - commenta con un misto di
soddisfazione e di sconcerto il dott. Tosti - ha affermato che la mia
pretesa di ottenere la rimozione dei crocifissi dalle aule giudiziarie
è pienamente fondata, dal momento che la circolare fascista del
Ministro Rocco deve ritenersi tacitamente abrogata sin dal 1948 per
incompatibilità con la Costituzione repubblicana, innanzitutto perché
si tratta di "un
atto amministrativo privo di fondamento normativo e, quindi,
contrastante con il principio di legalità dell'azione amministrativa,
desumibile dagli articoli 97 e 113 della Costituzione, dal quale
deriva che ogni atto amministrativo deve essere espressione di un
potere riconosciuto all'Amministrazione da una norma", tant'è,
soggiunge il CSM, che per poter esporre i simboli nazionali negli
uffici pubblici il legislatore ha dovuto emanare ben due leggi.
In
secondo luogo, poi, il CSM riconosce che la circolare fascista "appare
in contrasto con il principio costituzionale di laicità dello Stato e
con la garanzia della libertà di coscienza e di religione, essendo
pacifico (in tal senso Cassazione, Sezione Unite, 18.11.1997, n. 11432
e Sez. Disciplinare 15.9.2004, Sansa) che nessun provvedimento
amministrativo può limitare diritti fondamentali di libertà, al di
fuori degli spazi eventualmente consentiti da una legge ordinaria
conforme a costituzione.
Ne consegue, da un lato, che in materia
religiosa lo Stato deve essere equidistante, imparziale e neutrale e,
dall'altro, che l'ordine delle questioni religiose e quello delle
questioni civili debbono rimanere separati, con la conseguenza che in
nessun caso il compimento di atti appartenenti alla sfera della
religione possa essere oggetto di prescrizioni obbligatorie o che si
ricorra ad obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia
di precetti statali: la religione e gli obblighi morali che ne
derivano non possono essere imposti come mezzo al fine dello Stato.
La
libertà di coscienza (espressamente riconosciuta anche dall'art. 9
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali e dall'art. 10 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea) e la libertà di religione debbono
essere lette come affermazione non solo positiva, di tutela delle
convinzioni o della fede professata, ma anche in senso negativo, come
tutela di chi rifiuti di avere una fede e, pertanto, deve essere
garantita sia ai credenti che ai non credenti, siano essi atei o
agnostici.
Dal carattere "fondante" della libertà di coscienza deriva
anche che nelle valutazioni costituzionali relative ai profili
dell'eguaglianza in materia religiosa il dato quantitativo, l'adesione
più o meno diffusa a questa o a quella confessione, non può essere
rilevante. Alla luce dei rilievi ora svolti appare convincente la tesi
dell'incolpato secondo la quale l'esposizione del crocifisso nelle
aule di giustizia, in funzione solenne di "ammonimento di verità e
giustizia", costituisce un'utilizzazione di un simbolo religioso come
mezzo per il perseguimento di finalità dello Stato. Del pari
persuasiva sembra l'affermazione che l'indicazione di un fondamento
religioso dei doveri di verità e giustizia, ai quali i cittadini sono
tenuti, può provocare nei non credenti "turbamenti, casi di coscienza,
conflitti di lealtà tra doveri del cittadino e fedeltà alle proprie
convinzioni" e pertanto può ledere la libertà di coscienza e di
religione."
Il CSM "boccia" poi esplicitamente le sentenze del TAR del Veneto e del Consiglio di Stato che hanno legittimato l'esposizione dei crocifissi nelle scuole per la loro supposta valenza "culturale": "anche a poter condividere la tesi del significato meramente culturale del crocifisso - chiarisce il CSM - il problema della libertà di coscienza e del pluralismo si sposterebbe dal terreno esclusivamente religioso a quello appunto culturale, ma non sarebbe risolto, in quanto dai principi costituzionali in precedenza individuati deriva che l'amministrazione pubblica non può scegliere di privilegiare un aspetto della tradizione e della cultura nazionale, sia pure largamente maggioritaria, a discapito di altri minoritari, in contrasto con il progetto costituzionale di una società "in cui hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse" (Corte Cost., n. 440 del 1995)". ![]()
Se la
motivazione del CSM mi conforta e mi riconcilia con la Giustizia
italiana, non mi conforta affatto constatare che l'unico giudice che
abbia avuto, in Italia, il coraggio e la determinazione di rifiutarsi
di calpestare la Costituzione e di difendere i diritti alla libertà
religiosa e alla non discriminazione religiosa di tutti i cittadini
italiani e, in particolare, dei non cattolici e dei non credenti, sia
stato condannato, come un criminale, a sette mesi di reclusione e sia
stato allontanato dalla Magistratura con ignominia per ristabilirne il
supposto "prestigio" ed il supposto "decoro".
Mi
conforta ancor meno l'accusa disciplinare, mossami dalla Procura
Generale presso la Corte di Cassazione, di aver "gettato sconcerto"
nell'opinione pubblica italiana per aver osato obbedire ai precetti
impostimi dalla Costituzione e per aver osato difendere il diritto
alla non discriminazione religiosa che mi appartiene e che appartiene
a tutti i cittadini italiani. Non mi conforta constatare che i
Ministri della Giustizia di questa Repubblica Pontificia pratichino
costantemente il crimine della discriminazione religiosa ai danni dei
cittadini non cattolici, seguendo supinamente le direttive del Papa e
della Chiesa Cattolica, e cioè esponendo il solo simbolo delle
"Superiore" religione cattolica, senza che nessun Pubblico Ministero
si premuri di incriminarli.
Fonte:
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