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Lo strano caso della morte di Albino Luciani, il papa che voleva moralizzare la Chiesa e le finanze vaticane. |
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Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani fu eletto Papa e successore di Paolo VI.
Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le
Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo
pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente
intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità
cristiana propri del cristianesimo antico, rinunciando alle ricchezze superflue
che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti.
Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo
del genere sul più alto gradino del proprio stato…
Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa
non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2].
Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici
alle logge deviate della massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca
qualunque [3].
E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come
Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini [4]. In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla P2, la massoneria deviata di Licio Gelli, buona parte dei quali erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.[5]
Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato
dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico.
Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano
Sindona e Calvi
(nella foto a destra) [6].
Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).[7] Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.
La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità
e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare
il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità
diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?[8]
Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.
Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi. Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.
Il libro dello scrittore inglese passa in
rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei
persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato
Jean Villot (foto a destra),
il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R.
Marcinkus, il
banchiere Michele Sindona, il banchiere
Roberto Calvi e Licio Gelli maestro
venerabile della Loggia P2.[10]
Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone
ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per
organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre
Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era
intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari
si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della
giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato
materialmente l’operazione[11]. La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa. Il lavoro investigativo di Yallop è buono e non si può non tener conto di tale lavoro soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa. Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil.
La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.
Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire? Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
[1]
Matillò R.D., L’avventura delle finanze Vaticane,Ed.Pironti,
Napoli, 1988 ;
[2]
Ibidem
[3]
Ibidem
[4]
Ibidem
[5]
Ardagna G., La scoperta della lista P2 nella stampa italiana,Napoli,
2004;
[6]
Ibidem
[7]
Matillò R.D., L’avventura delle finanze Vaticane, Ed.Pironti,
Napoli, 1988;
[8]
Ibidem
[9]
Ibidem
[10]
Yallop D., In God’s name, Ed.Pironti, Napoli, 1992;
[11]
Ibidem
[12]
Ibidem
Vedi anche:
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I banchieri di Dio, il film di quei drammatici
avvenimenti che hanno dominato la scena politica degli ultimi vent'anni
e ancora oggi non hanno risposto alla domanda: chi ha ammazzato Calvi?
Il vescovo Marcinkus, presidente della banca vaticana IOR, lascia Calvi con 1.300 miliardi da restituire a banche sparse in America. Un MILIARDO di DOLLARI inviato in Polonia per aiutare i sindacati, su richiesta del papa, non rientrerà nella disponibilità di Calvi, sarà l'erede di Sindona a fare la fine del suicidato in un balletto perfetto di attori e sosia, Andreotti, Craxi, il papa, la mafia, la massoneria, la Banca d'Italia, la finanza laica e quella del VATICANO.
Un film SCONVOLGENTE. La ricostruzione dei fatti e la successione degli avvenimenti è chiarissima. Si vede la fitta trama di complicità della MASSONERIA DEVIATA, della P2 appena scoperta, delle complicità dei GENERALI dell'Esercito Italiano (Santovito) e della Guardia di Finanza che invano cercano di ostacolare i giudici che indagano in tutte le direzioni. Un film da seguire battuta per battuta, una successione di fatti e avvenimenti da vedere al rallentatore. Raramente il cinema italiano ha prodotto un film su argomenti di tale gravità, in tempi relativamente vicini ai fatti, e anche per questo con valenza di DENUNCIA CIVILE.
Il BANCO AMBROSIANO VENETO capolinea di traffici internazionali di capitali che finanziavano dittature, commerci illeciti e sindacati polacchi contro il "comunismo" dilagante.
Il papa polacco voluto dal Cardinale Benelli di Firenze, in una chiesa che votava il papa con 10 cardinali non italiani su 100 italiani, dopo il disastro di papa Luciani, proiettò la chiesa di Roma, e quindi l'Italietta repubblicana del Craxismo in un panorama politico internazionale che dalla fine della guerra mondiale gli era stato precluso. |